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Il linguaggio è una pelle: è come se avessi delle parole a mo’ di dita, o delle dita sulla punta delle mie parole. Roland Barthes
Con la penna sugli alberi

Con la penna sugli alberi

Senza saperlo, ho cominciato a stringere “seriamente” una penna in mano alla fine delle Medie. Il tema per l’esame di stato – la storia avventurosa di due ragazzini che fuggono di casa per vivere sugli alberi, ispirata a Il Barone Rampante di Italo Calvino – mi appassionò a tal punto da consegnare a malincuore: stupendomi venni a sapere che era stato scelto per rappresentare la scuola a un concorso di scrittura per ragazzi. Perché lo racconto? Semplice: all’improvviso avevo vissuto il piacere unico di scrivere una storia che sgorgava dal profondo, venendo tra l’altro riconosciuta dal mondo dei grandi. A distanza di parecchi anni, posso dire che le molte esperienze nella vita e nella professione di giornalista non hanno intaccato quell’inclinazione fanciullesca a “illuminarmi” quando scrivo. A salire sugli alberi con penna e taccuino.

Leggerezza, molteplicità, esattezza

Leggerezza, molteplicità, esattezza

Un testo affrontato con dedizione, competenza e curiosità dimostra sempre che una storia scritta “a regola d’arte” è una luce che si accende nell’oscurità. E questo vale in ogni settore: dalla letteratura più raffinata al brand journalism d’assalto. Non cambia se si tratta di un racconto, di un articolo di car design, di un report di viaggio, di un house organ o di un’operazione di content marketing. Conta che l’interruttore scatti e potete credermi se vi dico che non è mai  facile, come avrebbe capito quel ragazzo emulo delle fughe arboricole di Cosimo, il protagonista del Barone Rampante. La qualità è preziosa proprio perché richiede tempo e fatica e il “talento” non basta: è la lezione – “leggerezza, molteplicità ed esattezza” – che ci ha lasciato Calvino e può funzionare solo se stacchiamo i piedi da terra per arrampicarci sugli alberi.

Incursioni letterarie

Incursioni letterarie

25 racconti brevi, un peregrinare errabondo e sincopato in uno spazio enigmatico. Ho subito pensato a Kafka… Un andar lì per poi non essere. Enrico Palandri

I luoghi: portoni, strade, cattedrali, scale, aree, piazzali, palazzi, trincee, stalle, ascensori, corridoi, deserti. I personaggi: Piccoletto, Fata vecchia e Pinocchino, Tale, Il bassetto, Il grandone, Bella femmina, Donna mascherata, Il grigione, Il pienamente-se-stesso…”. Ho scritto “Titolo di viaggio” (Manni) un po’ di tempo fa: a quel tempo, la scrittura per me era una questione quasi “ontologica”. In seguito è rimasta una cosa importante e dal fascino misterioso ma tra (e con) le altre, non più sopra. A distanza di anni, questi racconti esplorano, forse con ancora una certa originalità, quel modo totalizzante di vivere l’avventura creativa.

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