Enzo Mari, homo faber contra homo ludens
Enzo Mari ci ha lasciato. La cosa che mi colpisce di più è leggere in molti articoli e testimonianze di questi giorni una celebrazione postuma e accoratissima del suo pensiero “critico”, che ai tempi lo rendeva (s)oggetto di ammirazione sconfinata ma anche di terrea invidia (la grandezza è da sempre invidiata…) e ingovernabile terrore (il suo definirsi “comunista” fuori tempo spaurava i più non poco).
Personalmente ho avuto due frequentazioni con lui che voglio raccontarvi. La prima è indiretta ma, mi accorgo ora, forse più importante e tra l’altro non una mia esclusiva. Un mio amico su Instagram ha appena pubblicato la foto del famoso gioco “16 animali”, dicendo che per lui è stato fondamentale. Ecco, anche per me. Io, come lui, siamo stati tra i fortunati a cui genitori, che ai tempi vivevano con intensità altalenante avventura politica e design militante, hanno regalato “16 animali” (grazie papà, grazie mamma!). Non voglio farne una celebrazione postuma anch’io, però più ci penso più credo che questo quadretto materico di legno massello odoroso, combinabile all’infinito, sia stato un tempio ludico della creatività di cui non ci si stancavamo mai e poi mai.
La seconda volta, invece, è stata diretta. Nel 2009 per IL MAGAZINE del Sole24Ore, diretto all’epoca da Walter Mariotti, tenevo una rubrica sull'”Oggetto perfetto” (nella mia Gallery qui sopra trovate un paio di “puntate”). Era e rimane una delle cose più belle della mia carriera e devo ringraziare oltre a Mariotti, il vicecaporedattore Guido Furbesco (ancora brillantemente al suo posto) e il photoeditor Raffaele Vertaldi, che si erano appassionati con me alla produzione di quella rubrica piccina ma impregnata di creatività.
Purtroppo non trovo più la pagina pubblicata però ho ancora il testo dedicato all’Amigdala (il suo oggetto perfetto) che mi aveva mandato Enzo Mari, con cui avevo avuto una conversazione che mi aveva tanto illuminato quanto spaventato per i suoi modi dogmatici, quasi incontinente. Oggi leggiamo che è un privilegio del “genio” questa sua libertà assoluta e non so dire se sia vero. Però, ora capisco meglio, a proposito della rabbia di Enzo per la deriva iperconsumistica e a suo dire vacua del design, che voler dire sempre la verità – la propria verità – è un fardello pesante. Una lanterna che abbaglia e talvolta acceca chi sta intorno.
Buonanotte e grazie, Enzo.
“Con una amigdala un uomo aveva nelle mano destra un’intera officina, per mezzo della quale poter realizzare tutto ciò che era necessario per sopravvivere: scarnificare, lavorare il legno, l’osso, la pelle e quant’altro. Naturalmente doveva saper realizzare la stessa amigdala partendo da un frammento di selce.
La sua formatura richiedeva un’intensa attenzione e forza nel colpire prograssivamente con una pietra tenuta nella mano destra il frammento di selce tenuto dalla mano sinistra, Occorreva intuire gli invisibili assi di cristallizzazione della selce.
La forma di questo oggetto essenziale è perfetta e deve esserlo.
La scelgo perché è lo strumento dell’ homo faber antico contrapposto agli strumenti dell’homo ludens di oggi. Lo strumento dell’homo faber denota un’intensa intelligenza. Le miriadi di strumenti dell’homo ludens denotano al contrario una comoda ma intensa ignoranza”. ENZO MARI – NOVEMBRE 2009.